3| BLACK STYLE dal Black Dandy alla Cultura Hip Hop
Questa newsletter è dedicata alla storia del costume afroamericano partendo dal Black Dandyism, tema del MET Gala 2025, fino ad arrivare alla cultura Hip Hop contemporanea.
segue all’episodio 2; questa terza newsletter accompagna per immagini la terza parte della prima puntata del mio podcast “Black Style”
#3 Lo stile afroamericano nell’epoca contemporanea.
Avvicinandosi alla fine del XX secolo l’abbigliamento afroamericano, sempre inteso come strumento di affermazione ed emancipazione, trova nuova espressione con la nascita di una subcultura in particolare, l’Hip Hop, destinata a diventare un fenomeno duraturo, mainstream e trendsetter per almeno tutti i 50 anni successivi.
Negli anni '70 New York è una città di contrasti estremi. Da un lato, il rischio autentico di una bancarotta, causata dalla crisi economica, aumenta la criminalità rendendola una delle città più pericolose d’America e proprio Harlem è una delle sue zone più rischiose.





Dall'altro lato, come spesso accade, tutta questa decadenza è anche culla di un grande fermento culturale. La scena artistica e musicale esplode con la nascita della disco music che domina in club come lo Studio 54, ma soprattutto con la nascita del movimento Hip Hop nel quartiere Bronx.







Più popolare del Rock ’n’ Roll, e più americano della Apple-pie, l’Hip Hop filtra , a poco a poco, all’interno di tutti gli aspetti della società, dalla musica, all’abbigliamento, passando attraverso l’atteggiamento e l’ideologia. Come per il jazz, l’espressione artistica tipica dell’Harlem Renaissance, l’Hip Hop nasce per dare voce agli inascoltati.
Il quartiere del Bronx è abitato, nel decennio dei ‘70, da circa un milione di persone legate tra loro da un nemico comune: la police brutality. Cercare di mantenersi comunità è una risposta.
L’11 agosto del 1973, al 1520 di Sedgwick Avenue, un giovane giamaicano immigrato negli Stati Uniti, organizza un block party, una festa di quartiere. È infatti un DJ conosciuto in zona con il nome di DJ Kool Herc. Durante questa festa introduce il "break beat", una tecnica che consiste nel ripetere le sezioni ritmiche di una canzone usando due giradischi, creando un flusso musicale che incoraggia il ballo e l’improvvisazione. Una tecnica che Kool Herc chiama “The Merry-Go-Round”. Nasce, quel giorno, quel pomeriggio, in un isolato del Bronx, l’Hip Hop.
I suoi elementi includono il DJing, l’MCing, il Rapping, il Breakdancing e il Graffiti Writing, cioè le espressioni creative più in voga, utilizzate dai giovani, per affermare la propria identità.






L’abbigliamento è uno degli aspetti fondanti e determinanti di questa cultura: oversize, vistoso e orgoglioso, glorificante dell’abbigliamento sportivo e della customizzazione dei gioielli. Una fusione tra comodità e ribellione.
La scarpa è uno dei capi di abbigliamento più importanti. La narrativa è talmente ampia che è necessario un cultore del sottogenere per navigare in questa categoria, anche se possiamo farci un’idea generale con un film anni ‘ 90 di Spike Lee oppure con il video e la canzone dei RUN DMC che a queste hanno dedicato il singolo “My Adidas”.














Non ci è voluto molto per capire che la ricerca di uno status attraverso l’abbigliamento può rappresentare una fonte di guadagno non indifferente. Intorno al 1996 alcuni artisti hip hop iniziano ad ampliare la loro offerta aggiungendo a quella musicale anche quella dell’abbigliamento, creando brand con collezioni fortemente connotate dal gusto “black”. Tra questi: Cross Colors, Karl Kani, FUBU, Phat Pharm, Rocawear, Mecca, Sean John e WuWear. In breve tempo si arriva ad una inevitabile over saturazione che mette la parola fine a molti di questi progetti.
Tutto questo mentre le maison europee e la loro aspirazionalità non ha mai smesso di essere il riferimento principale. I privilegi raccontati dall’haute couture sono quelli a cui tutti vogliono accedere. È in questo clima che nascono i primi progetti di collaborazione tra lusso e urban culture per arrivare a conquistare un pubblico più vasto.







Nel 2023 si sono celebrati i 50 anni della cultura Hip Hop. Quell’anno sono riuscita a visitare la mostra dedicata al MoPOP, il Museum of Pop Culture di Seattle. La mostra, fotografica, documentava la rivoluzione non solo musicale, ma politica e sociale dell’hip hop. È stata proprio la fotografia a cattura i momenti più iconici di una cultura che, effettivamente, non va solo ascoltata, ma soprattutto guardata, vista.
Ci sono due foto che più di tutte hanno fatto sì che il filo rosso che lega la storia dello stile nero, del black style, dal Black Dandysm dell’Harlem Renaissance alla cultura Hip Hop, non venisse spezzato.
Nel 1958 la rivista “Esquire” usa in copertina la foto scattata da Art Kane “A great Day in Harlem” dove dozzine di musicisti jazz vengono ritratti mentre posano di fronte ad una townhouse di Harlem.
Nel 1998 la rivista “XXL” commissiona un remake di questo scatto.
Allo stesso indirizzo della foto originale, sulla 126esima e Lenox, vengono radunati, quarant’anni dopo, circa 200 artisti hip hop che, tutti insieme, occupano le scale, questa volta, di tre townhouses. Dall’altra parte della strada c’è un uomo che della città e dei suoi quartieri black ha visto e vissuto tutto, a partire dall’Harlem Renaissance: il leggendario Gordon Parks, nei suoi ottant’anni e nei suoi abiti dapper e dandy come è solito vestire da sempre.
Lo scatto viene rinominato “A Great Day in Hip Hop” e per alcuni segna la fine della golden era di questa cultura. Come in una capsula del tempo, lo scatto ritrae gli anni ‘80 e i 90 che hanno dato alcuni dei più importanti, storici e influenti artisti e artiste dell’hip hop. Tutti e tutte le artiste presenti sono nati e cresciuti nei sobborghi della città. Questo, sarebbe cambiato poco dopo, quando l’hq dell’hip hop è migrato verso Atlanta, Florida, New Orleans, Texas e altri posti negli USA.












Come il jazz, anche l’hip hop arriva dalla cultura popolare. Sono entrambi fatti di inizi umili e persone normali che hanno creato momenti straordinari. In quei 40 anni, tra uno scatto e l’altro, Harlem è cambiata e con lei i suoi abitanti, quelli rimasti sin da allora, che hanno visto la nascita, la speranza, poi le rivolte, la piaga dell’eroina e del crack e poi la gentrificazione che ha, per sempre, cambiato il futuro della comunità.
Il Black Dandismo, come lo stile Hip-Hop sono entrambi più che vivi ancora oggi. Mentre il Black Dandyismo celebra l’eleganza come affermazione di dignità e successo, lo stile hip hop riflette il potere della strada e l’influenza culturale delle comunità nere. Entrambi, però, raccontano storie di resistenza, espressione personale e orgoglio nero, dimostrando che la moda è molto più di abiti: è un atto politico, una dichiarazione di identità.



segue alla newsletter precedente:
2| BLACK STYLE dal Black Dandy alla cultura Hip Hop
segue all’episodio 1 questa seconda newsletter accompagna per immagini la seconda parte della prima puntata del mio podcast “Black Style”
to be continued….