1| BLACK STYLE dal Black Dandy alla cultura Hip Hop
Questa newsletter è dedicata alla storia del costume afroamericano partendo dal Black Dandyism, tema del MET Gala 2025, fino ad arrivare alla cultura Hip Hop contemporanea.
Quando a fine 2024 ho saputo che il tema del MET Gala sarebbe stato “Superfine: Tailoring Black Style” mi è venuta voglia di raccontare qualcosa di più sulla storia del costume afroamericano e l’ho fatto con il mio primo podcast intitolato proprio “BLACK STYLE” attualmente presente su Spotify.
È composto da tre puntate che pubblicherò con cadenza settimanale:
la prima il 22 aprile,
la seconda il 28 aprile
la terza ed ultima lunedì 5 maggio,
giorno in cui si terrà il MET Gala a New York.
Questa, invece, vuole essere una newsletter di accompagnamento fotografico alle puntate del podcast perche trattano un tema, quello del Black Style, che, a mio avviso, non va solo ascoltato, ma soprattutto guardato.
Perchè “Black Style”?
È successo in particolare durante un mio viaggio nella Bible Belt, nel profondo Sud degli Stati Uniti, percorrendo lo stesso tragitto dei Freedom Riders, seguendo i percorsi delle marce del Movimento per i Diritti Civili, andando con loro a messa la domenica e visitando le decine di musei dedicati alla storia afroamericana, che ho capito quanto i vestiti, l’abbigliamento, la cura di sé e l’attitude abbiano rappresentato davvero lo strumento chiave per sfidare i codici razziali che per secoli li hanno relegati ai margini della società.
A Washington D.C. il Museum of African American History and Culture racconta la storia della comunità nera dalla Diaspora Atlantica ad oggi, passando attraverso le battaglie, le ingiustizie, il razzismo di cui è stata vittima, ponendo tuttavia l’accento a quanto, contemporaneamente, la cultura black abbia influenzato il costume e la società americana, e non solo quella, attraverso il cinema, la musica, l’abbigliamento e lo stile.




Il MET Gala di quest’anno avrà come tema proprio lo stile black.
L’ispirazione arriva dal libro del 2009 dal titolo “Slave to Fashion: Black Dandyism and the Styling of Black Diasporic Identity” di Monica L. Miller, professoressa di Studi Africani alla Columbia University e curatrice dell’evento insieme ad un board di altre eccellenze nere del fashion e dello star system.
Il libro è dedicato ad un aspetto particolare del costume afroamericano: il dandismo, una forma di espressione che ha avuto origine già nell’epoca della schiavitù. Tuttavia, gli uomini e le donne nere, negli ultimi due secoli in particolare, hanno creato numerosi, altri, fashion trend: dallo zoot suit di Cab Calloway ai berretti e alle giacche di pelle nera del movimento Black Power, fino all’estetica oversize e bold dell’Hip Hop.
Quello che hanno in comune il Black Dandyism e tutte le altre forme di espressione è che, appunto, nessuna di queste ha unicamente a che fare con la moda fine a sé stessa, ma sono tutti escamotage stilistici usati per combattere stereotipi ancora presenti nella cultura contemporanea dai tempi della schiavitù.
Il viaggio del mio podcast parte da lì, dalla dandificazione della schiavitù, e ci conduce ai giorni nostri, alla cultura Hip Hop, attraverso tappe memorabili e affascinanti come la formazione di Harlem, la “Negro capital of the World”, e il suo apice culturale conosciuto come Harlem Renaissance.
Oggi il Black Dandy o il Black Dandyism è soprattutto una forma di espressione estetica e politica in cui uomini e donne nere adottano e reinterpretano lo stile sartoriale classico mescolandolo, molto spesso, con elementi di cultura afrodiscendente. È caratterizzato da colori vivaci, stampe e accessori che volutamente richiamano la cultura africana.
L’abbigliamento elegante continua ad essere usato dai neri, non solo negli Stati Uniti, come strumento di resistenza e affermazione sociale. Un esempio è quello dei sapeurs del Congo, membri della Societè des Ambianceurs et des Personnes Elegantes, i SAPE appunto, che usano abiti raffinati come segno di dignità e sfida ai contesti sociali difficili.
Il Black Dandyism, ma più in generale il Black Style, non è quindi solo una questione di moda, ma è un atto di autodeterminazione e una rivendicazione dell’eleganza come forma di libertà.











#1 Nel periodo della schiavitù
Quando sono usciti i primi articoli sul tema che il MET Gala 2025 avrebbe adottato, ovvero il “Black Dandysm”, per definire “dandy” si è fatto riferimento soprattutto ad icone musicali come Andre 3000 degli Outkast, Sean Combs e Prince. Uomini neri che hanno fatto del loro abbigliamento “dandy” una cifra stilistica connotativa del loro essere celebrità. Stile che, però, in realtà ha origini ben più lontane e molto meno pop.



È proprio durante la schiavitù che avviene il processo di dandificazione della servitù nera. Durante questo periodo, negli Stati Uniti, i neri hanno fondamentalmente solo due opzioni: lavorare nelle piantagioni o prestare servizio come domestici nelle case dei “planters”, i padroni delle piantagioni.



Quest’ultima condizione, sebbene meno faticosa fisicamente e apparentemente più dignitosa, comporta in realtà umiliazioni e violenze psicologiche. Alcuni tra loro sono scelti per trascorrere gran parte del tempo in veste di accompagnatori della signora della magione che ama esibirli in società come si farebbe con un animale esotico, vestito di tutto punto con abiti sofisticati, per affermare il proprio status, la propria ricchezza e il proprio potere.
All’abbigliamento di alcuni servi, investiti del ruolo di damerini, non mancano tacchi, gioielli e calze femminili. Le movenze effemminate, di grande intrattenimento, vengono, proprio per questo motivo, incoraggiate.
L’epoca è la stessa, inoltre, di opere teatrali, come “The Padlock”, conosciute come Blackface Minstrel Show, cioè show con intervalli musicali fatti da pezzi cantati, le coon songs, dove il personaggio nero è interpretato, quasi sempre, da un attore bianco in blackface, cioè, truccato in modo che il viso diventi nero utilizzando la parte bruciata di un pezzo di sughero, una pratica razzista che deforma e accentua alcuni tratti somatici, come occhi e labbra, per ridicolizzare i neri.





Monica L. Miller, l’autrice di “Slave to Fashion”, il libro che ha ispirato il tema del MET Gala di quest’anno, parla di Crimes of Fashion ogni volta che i travestimenti di razza come il blackface sono simbolo di una parodia denigratoria, atta a minare l’identità e l’orgoglio dei neri.
Nel XIX secolo, con l’abolizione formale della schiavitù, in festival come Il Pinkster e il Negro Election Day, i neri trovano libertà di espressione attraverso lo stile e la danza. Nasce il cakewalk, una danza satirica nei confronti del privilegio e delle movenze bianche. Si diffonde in questo stesso periodo anche il termine “Vogue”, letteralmente “in voga”, anticipatore del Voguing, una forma di performance utilizzata nei Balls e resa poi contemporanea da Madonna e Beyoncè.
Questi sono momenti di libera espressione per i neri, soprattutto per la comunità queer nera, che provocano tensione non solo tra i bianchi, ma anche tra la black elite. Quest’ ultima, temendo il giudizio sociale, promuove uno stile più sobrio e conservatore per manifestare dignità e ottenere rispetto nella società post-schiavitù.






prosegui con la puntata 2:
2| BLACK STYLE dal Black Dandy alla cultura Hip Hop
segue all’episodio 1 questa seconda newsletter accompagna per immagini la seconda parte della prima puntata del mio podcast “Black Style”